Ponti e frontiere

Biblioteca Marciana newsletter

numero 8 - autunno 2005

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Ponti e frontiere

"Di tutto ciò che l'uomo, spinto dal suo istinto vitale, costruisce ed erige, nulla, secondo me, è più bello e più prezioso dei ponti", scriveva Ivo Andriç. Molti ponti, concreti e simbolici, sono stati eretti in vista dell'Unione Europea e della globalizzazione mondiale, ma non tutte le frontiere sono state abbattute, prime fra tutte quelle causate da ogni fondamentalismo e da ogni odio etnico-religioso.

Artan Shabani,
Il ponte al tramonto

Questo tema è centrale in Ponti e frontiere, volume curato da Andrea Bonifacio, per le edizioni Editgraf, che raccoglie gli atti dell'omonimo convegno promosso dalla Biblioteca Marciana (saggi di M. Zorzi, P. Matvejeviç, A. Scarsella, S. Pelusi, F. Secchieri et alii) e tenutosi il 20 ottobre 2004 all'Ateneo Veneto, a Venezia, città che, con i suoi innumerevoli ponti, costituisce metonimicamente il luogo-ponte per eccellenza, quel ponte, cioè, che da sempre unisce l'Italia e i Balcani, l'Occidente e l'Oriente, aprendosi alla convivenza e al dialogo.

Proprio nel confronto con il diverso, però, inevitabilmente sono sorti nei secoli incomprensioni e dissidi, tanto che, anche sui ponti, talvolta avvertiamo il sorgere di barriere immobilizzanti, allo stesso modo in cui Edward Munch avvertì il vuoto e la fredda indifferenza tra i simili su quel ponte affacciato sul fiordo che lo rese famoso.

Da qui L'urlo: prima e primitiva reazione alla vertigine e a ciò che spezza la fratellanza e la solidarietà tra gli uomini: un grido che perfora la tela giungendo sino a noi. Quali ponti possono quindi veramente unire, pacificare ed essere superamento di ostacoli, contrasti e separazioni? Forse, poiché "ogni cosa esprima questa nostra vita - pensieri, parole, sospiri - tende verso l'altra sponda, come verso una meta che sola dia alla vita stessa un senso" ( 1 ).

Tali ponti sono quelli che la cultura sa stendere sopra ogni frontiera, cercando, nella differenza, ciò che unisce e tentando di dare risposte che possano attutire la comune fragilità umana. La letteratura diviene allora quasi esistenziale o meglio, come scrive Italo Calvino, "un fragile ponte di fortuna gettato sul vuoto" ( 2 ): è ciò che anche il volume, curato da Andrea Bonifacio, si propone di essere, pur nella eterogeneità dei contributi che lo costituiscono.

Mara Beltramolli

  1. I. Andriç, I ponti, 1933, in I. Andriç, Romanzi e racconti, trad. it. di D. Badnjeviç, Milano Mondadori, 2001, p. 1182-1184
  2. I. Calvino, Lezioni americane. Sei proposte per il prossimo millennio, 1988, Milano, Mondadori, 2002, p. 85