1. L'immagine della città

Per molti secoli l'acqua aveva costituito il principale elemento di difesa della città e aveva scandito il suo ritmo di vita, la sua modalità di trasporto.
Divenuta sotto l'Austria città satellite di un impero, recisi i nessi che l'avevano mantenuta unita alle sue radici di terra e di acqua, Venezia cominciò allora a sentire la propria insularità come una limitazione se non come una sconfitta.

Nel giro di vent'anni ('40-'50) l'immagine della città venne profondamente trasformata e 'normalizzata': la sua radicale alterità rispetto alle altre città fu costretta a misurarsi con un modello più vincente di città, quella del movimento, della velocità, delle carrozze e delle rotaie.

Il cambiamento si armò di ponti.

Innanzitutto quello sulla laguna, inaugurato nel 1846, che mutò totalmente l'accesso alla città e i suoi flussi, valorizzando un'area prima periferica e sottraendo alla Piazza San Marco la sua centralità. A pochi anni di distanza il Canal Grande vide sorgere altre due opere di collegamento tra le sue sponde: nel 1854 veniva inaugurato il ponte della stazione, mentre nel 1858 era completato il ponte dell'Accademia, in un processo volto a incrementare la rete viaria pedonale a scapito di quella acquea.

Negli anni '50 si proseguì la potente opera di ristrutturazione urbanistica della città: numerosi furono gli interramenti di canali, i ponti tra le insule, snellendo e smembrando il fitto tessuto di calli e corti, per creare percorsi lineari e rendere salubre la città.

Il popolo dell'acqua, soprattutto i gondolieri, ne uscì sconfitto. Per servire la ferrovia vennero organizzati degli omnibus a remi; la conseguenza, nonostante una lunga stagione di proteste della categoria dei barcaroli fu la costante diminuzione dei traghetti e la progressiva contrazione del numero degli addetti.

L'immagine di Venezia si rinnovava secondo i dettami del nuovo modo di abitare le città da parte dei ceti borghesi: le guide turistiche esortavano alle salubri 'passeggiate' favorite dall'incremento della pedonalità e dall'esistenza a Venezia di giardini pubblici all'estremità orientale della città.

Sorti nel 1807 su progetto di Giovanni Antonio Selva e collegati all'ampia promenade della via Eugenia, furono dotati di un caffè per rendere più piacevole il passeggio. I Giardinetti Reali, inizialmente riservati al godimento della famiglia reale, furono concessi nel settembre del 1857 a uso della città.

A un'altra estremità della città, l'Orto Botanico, insediato dal 1811 al posto di due chiostri del convento di San Giobbe, aveva raggiunto all'epoca una dotazione di più di 5000 piante, divenendo uno dei più ammirati d'Italia.

Materiali

  • Imper. Regia privilegiata strada ferrata ferdinandea lombardo-veneta, Avviso. Cominciando da mercoledi 15 marzo 1843 le corse da Venezia a Padova e da Padova a Venezia, Venezia, tip. Andreola, 1840. Collocazione: Misc. A. 431

    Manifesto informativo degli orari delle corse del treno tra Venezia e Padova, dalle 7 alle 5 pomeridiane, con frequenza oraria e nelle ore ritenute centrali - 8, 11, 17 - ogni quindici minuti.

  • Strada ferrata da Venezia a Milano, Venezia, Co' tipi del Gondoliere, 1837. Collocazione: 6. D. 30

    L'opuscolo contiene documenti della commissione fondatrice della Società per la strada ferrata da Milano a Venezia, tra cui la descrizione del tracciato scelto, secondo le indicazioni di Carlo Cattaneo. Nelle litografie inserite e ripiegate, il progetto di ponte lagunare dell'ingegner Tommaso Meduna.
    Apertura: tav. 1 con la veduta generale del ponte.

  • Antonio Quadri, Descrizione topografica di Venezia e delle adjacenti lagune, Venezia, Stab. tip. e lit. G. Cecchini, 1844. Collocazione: 226. D. 55

    L'opera è una descrizione dettagliata della topografia della città, restituita in 34 incisioni. Sono ampiamente osservabili i cospicui interramenti della metà dell'Ottocento che crearono strade là dove prima scorreva l'acqua, privilegiando sempre più la mobilità pedonale.
    Apertura: tav. XXIX in cui si possono osservare gli interramenti del Rio terà dei Catecumeni e del Rio terà dei Gesuati.

  • Antonio Quadri, Il Canal Grande di Venezia, rappresentato in 60. tavole rilevate ed incise da Dionisio Moretti, Venezia, dalla tip. Andreola, 1828. Collocazione: 146. D. 17

    Veduta dal Canal Grande dei Giardini Pubblici realizzati tra il 1808 e il 1812 su progetto urbanistico e architettonico di Giannantonio Selva. La rappresentazione esalta l'estensione della folta vegetazione, ingigantendo l'ampiezza del viale alberato.
    Apertura: tav. 45.

  • Giannantonio Moschini e Jacopo Crescini, Dilettevole passeggiata dall'atrio del Palazzo Reale fino ai Pubblici giardini con 5 incisioni e descrizioni istoriche, Padova, Tipografia Crescini, 1833. Collocazione: Misc. D. 3199

    Veduta dei Giardini pubblici, raffigurante varie persone e dame con bambini in passeggiata. Nella descrizione il commento: “E questo un sollazzo che può dirsi mancasse nella loro città ai Veneziani…Che se prendendo le mosse dall'Arco, a destra, che ti descriviamo, o volgendo a sinistra dritto quel filare di alberi che ti conduce all'elegante Caffè, ti piaccia vagar per quei viali che ti si aprono davanti”.
    Apertura: pp. 46-7.

  • Francesco Zanotto, Nuovissima guida di Venezia e delle isole della sua laguna, nella quale si sono corretti da oltre 200 errori che s'incontrano nelle altre guide, Venezia,  Giovanni Brizeghel, 1856. Collocazione: 229. C. 166

    La Guida si sofferma a descrivere una novità fresca di appena due anni: il nuove ponte di ferro eretto nel 1854 dall'ingegnere austriaco Alfred Henri Neville. Il progetto risaliva ad alcuni anni prima e aveva come scopo anche il rilancio della zona di Dorsoduro, divenuta marginale rispetto al nuovo assetto dei flussi creatosi con l'inaugurazione del ponte lagunare e della strada ferrata. Al tempo si era preso in esame anche l'ipotesi di un tunnel, alla fine scartato sia per la disomogeneità del fondo lagunare sia per i gravi rischi di cedimento nelle fondazioni dei fabbricati circostanti. Scriveva lo Zanotto: “Costrutto recentemente [...] disgusta l'occhio, ed in qualche modo ingombra e rompe la visuale. Serve però meravigliosamente al comodo de' cittadini, che abitano nel sestiere di Dorsoduro, lontano assai dalle piazze.”
    Apertura: p. 585.