Il cammino dell'accessibilità nella P.A. italiana

Paolo Graziani
(Consiglio Nazionale delle Ricerche)

Possiamo individuare nella prima Conferenza del Forum per la Società dell'Informazione del giugno 1999 il punto di partenza del processo di cui stiamo parlando. Quando in quella sede abbiamo sollevato il problema dell'accessibilità dei siti Web, la sorpresa suscitata metteva in evidenza che esso era quasi completamente ignorato. Il segnale si è però propagato e si sono visti effetti di rilievo.

Ci è stato chiesto di curare un numero speciale (n. 19, marzo 2000) della Newsletter FSI dedicato al tema dell'accessibilità. Nel maggio 2000, la Presidenza del Consiglio dei Ministri ha aderito al W3C e successivamente è partito un progetto per rendere accessibile il sito di Palazzo Chigi:
(http://www.governo.it/Presidenza/web/risorse.html).

A seguito della convergenza di varie istanze, nel luglio 2000 l'AIPA ha costituito un gruppo di lavoro sulla "Accessibilità dei sistemi informatici" ed un analogo gruppo di lavoro è stato istituito subito dopo dal Dipartimento della Funzione Pubblica. Il ministro Bassanini firmava nel marzo 2001 il primo documento italiano in materia di accessibilità e usabilità dei siti della Pubblica Amministrazione:
(http://www.governo.it/Presidenza/web/circ13mar2001_FP.html).

Anche l'AIPA ha prodotto nel settembre 2001 una propria circolare che integra quella della Funzione Pubblica, con indicazioni tecniche per l'applicazione pratica:
(http://www.governo.it/Presidenza/web/circ6set2001_AIPA.html).

Naturalmente, il punto di riferimento di queste iniziative è rappresentato dagli orientamenti WAI, ma si è cercato di stabilire un percorso applicativo che permettesse di avvicinare a questa complessa documentazione anche coloro che incontrano difficoltà a capire i problemi e le relative soluzioni.
L'insieme delle due ricordate circolari fornisce già le indicazioni essenziali per conseguire un livello base di accessibilità, basato sul punto di vista dell'utente.
A sostegno di questo approccio concreto al problema, l'AIPA ha preso iniziative di formazione e di orientamento, commissionando fra l'altro lo sviluppo di un CD ROM di auto-apprendimento, uno studio delle tipologie dei siti della PA, una classificazione degli strumenti di validazione e riparazione e lo sviluppo di una procedura di verifica correlata alle circolari italiane sulla materia. Fra l'altro è, stato istituito un apposito sito Web (http://www.pubbliaccesso.it).

L'attuale Ministero per l'Innovazione e le Tecnologie sta cercando adesso di assumere il coordinamento di questo processo.
Nel maggio 2002 ha istituito il dominio di secondo livello gov.it al quale sono ammessi solo i siti della PA che soddisfano alcuni requisiti base, uno dei quali è quello dell'accessibilità:
(http://www.governo.it/Presidenza/web/dir30mag2002.html).

Nel frattempo sono nate altre iniziative, come questa nell'ambiente delle biblioteche, che contribuiscono a diffondere la cultura dell'accessibilità.

Volendo tentare un bilancio provvisorio, si può osservare che l'impatto di tutte queste attività sul miglioramento dell'accessibilità dei siti pubblici italiani è ancora poco visibile, salvo poche eccezioni.
Forse manca la forza di una legge che istituisca incentivi e sanzioni, con maggiori effetti di quelli di semplici circolari. Occorrerebbe un provvedimento incisivo che, raccogliendo le esperienze e le conoscenze a livello internazionale ma tenendo conto della situazione italiana, fornisse un orientamento preciso e concreto su come organizzare i siti della PA, grandi e piccoli, con criteri di accessibilità, usabilità e funzionalità.

In altre parole, qualcosa di simile a quanto è stato fatto negli USA con le norme della Sezione 508 del Rehabilitation Act: http://www.access-board.gov/508.htm, con il quale sono state fatte delle scelte coraggiose per superare la divergenza dei punti di vista di chi mette a punto regole generali, complete, rigorose (come quelle WAI) e di chi deve applicare queste regole ad una realtà ben circoscritta (come la PA), con la necessità di sapere in breve cosa fare, senza perdersi nei meandri di una documentazione che, per voler essere completa, finisce per risultare dispersiva.

Sarebbe magari auspicabile che una decisione analoga a quella presa negli USA fosse adottata a livello europeo, ma sembra che in Europa non si sia ancora arrivati a questo grado di maturazione del problema, pur avendolo considerato nel piano eEurope.
La Comunicazione del settembre 2001:
(http://europa.eu.int/eur-lex/it/com/cnc/2001/com2001_0529it01.pdf),
si limita a suggerire agli stati membri l'adozione formale degli orientamenti WAI, lasciando ad essi il compito di tradurre questa raccomandazione in provvedimenti nazionali. Così facendo si rischia di non andare oltre un adeguamento di un numero limitato di siti, magari autorevoli (dove esistono le competenze necessarie e la buona volontà), ma con scarso effetto sulla generalità dei siti pubblici.

Forse la complessità del problema richiede tempi più lunghi, per cui per adesso dobbiamo accontentarci di risultati parziali.
Oggi l'argomento è almeno dibattuto e il tempo in cui a parlar di queste cose si era scambiati per alieni sembra ormai lontano.

Paolo Graziani
Consiglio Nazionale delle Ricerche
Istituto di Fisica Applicata "Nello Carrara" (ex IROE)
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