7. Una calma apparente tra Belfiore e Villafranca

Chiusa la fase degli arresti legati ai processi di Mantova e cessato lo stato d'assedio che obbligava i locali a chiudere i battenti alle dieci di sera e le persone a rimanere a casa, la vita pareva riprendere il ritmo consueto, con le conversazioni ai caffè anche a ore inoltrate, il liston in piazza, i freschi notturni. Ma si trattava di una calma apparente.

Nella notte del 22 marzo del 1857 una bandiera tricolore venne issata sullo stendardo centrale della Piazza San Marco. La polizia si scatenò alla ricerca degli autori del gesto e si arrivò all'arresto di un operaio dell'Arsenale, attivo negli anni del '48-9: fu istituito un processo che si concluse con una condanna a cinque anni di carcere duro.

Alcuni mesi dopo un altro avvenimento fece venire a galla sentimenti non sopiti: la notizia della morte di Daniele Manin, avvenuta il 22 settembre, commosse la città e molti, sia uomini che donne, si radunarono il 27 dello stesso mese per la celebrazione della messa di suffragio a San Luca, tanto da far intervenire la polizia che sospese la funzione.

L'arciduca Massimiliano Massimiliano d'Austria nel frattempo prese il posto di Radetzky e diede il via a una politica di distensione, cercando inoltre di ripristinare un regime di feste, spettacoli musicali e teatrali che tuttavia non passò inosservato.

Il clima iniziava a cambiare rapidamente e a Venezia tra la fine del '58 e l'inizio del '59 in molti guardavano con speranza alle trattative di Cavour e l'attività dei comitati segreti riprendeva. Il 14 giugno ci furono tumulti in Piazza San Marco e in Spaderia e si vide sventolare una bandiera tricolore.
La polizia sparò e uccise uno studente di venti anni, ferendo altre persone, arrestandone molte altre e decretando lo stato d'assedio.
La conseguenza fu il ristabilimento del clima repressivo, una nuova ondata di arresti, e la fuoriuscita clandestina di molti giovani.
L'esodo si fece di massa a seguito della diffusione dei deludenti esiti del trattato di Villafranca, che lasciava il Veneto all'Austria.

Per reazione i veneziani decisero di ostentare un periodo di lutto patriottico, disertando i teatri e la Piazza durante le esibizioni delle bande militari. Uniformandosi a questo sentimento, i proprietari del Gran Teatro La Fenice chiusero il teatro nel settembre del 1859.

Nella vigilia di Natale di quell'anno Venezia fu inondata di biglietti in cui veniva raccomandato ai veneziani di non recarsi più a teatro o agli intrattenimenti musicali organizzati dal governo, sotto la minaccia di essere considerati nemici della patria.

Materiali

  • Raccolta di opuscoli, manifesti, avvisi, omaggi poetici, riguardanti il viaggio nel Lombardo Veneto dell'imperatore Francesco Giuseppe ed Elisabetta, 1856-7. Collocazione: Misc.3074.1

    La raccolta presenta molto materiale riguardante la permanenza a Venezia dei sovrani nel dicembre del 1856 e le feste a loro offerte, istruzione per le regate, nomi dei gondolieri, avvisi del podestà Giovanni Correr ai cittadini richiedenti la loro partecipazione.
    Apertura: p. 10 con immaginedella regata sul Canal Grande del 17 dicembre 1856, tratto da: Il viaggio imperiale : N. 1. Venezia, Lipsia, J.J. Weber (stampa F.A. Brockhaus), 1857.

  • L'Età Presente. Giornale politico letterario, Venezia, Tipografia del Commercio, 1858-9. Collocazione: Per. 538

    Il primo numero uscì il 3 luglio del 1858 e terminò le pubblicazioni nell'aprile del 1859, dopo varie ammonizioni della polizia, riportate nel giornale. Fu l'unico organo di stampa, oltre alla Gazzetta che commentava i fatti politici, riportava notizie dall'estero ed esercitava una pur velata critica. Era diretto da Antonio Dall'Acqua Giusti.
    Apertura: numero a data 7 agosto 1858, p. 95 l'articolo di critica del regime di spettacoli, feste e baccanali imposto dal governo.

  • Luigia Codemo, Pagine Famigliari artistiche cittadine (1750-1850), Treviso, coi tipi di Luigi Zoppelli editore, 1878. Collocazione: 18. A. 211

    La scrittrice commenta: “Non regge l'animo a descrivere la nostra vita durante i tre lustri che precedettero la sospirata libertà... Gli anni da Villafranca al 66 sono orribili”; analizza inoltre il costo della delusione: “Coloro che assistettero alla prima fase di passione sanno che le doveva succedere una di leggerezza... lo sanno, ma non la possono tollerare! Sono partiti nel mattino della vita con un ideale in mente... un amore potente e misterioso, uno spirito nuovo, ma che loro si rivelava come un sentimento antico, e per così dire innato, animava i loro cuori ... Adesso è lo stridor di catene, sono i patimenti, la povertà, la fame ...è il pianto dei rimasti, è il gemito e l'agonia della madre lontana”.
    Apertura: pp. 536-7 “Comincerò dalle notizie cittadine le quali sono tristissime”.

  • Paolo Giacometti, Teatro scelto. Giuditta, Milano, Tip. Guglielmi, 1858. Collocazione: Dramm. 3041

    Il dramma ispirato all'eroina biblica, liberatrice del popolo ebraico dagli invasori assiri, scritto appositamente da Paolo Giacometti per la Ristori, che ne aveva acquistato anche la proprietà letteraria, come spiega l'autore nell'avvertimento alle compagnie teatrali, fu rappresentato per la prima volta a Madrid nell'ottobre del 1857. Messo in scena a Venezia il 4 settembre 1858 al teatro Comploy, prima chiamato San Samuele, scatenò l'entusiamo dei veneziani, specialmente per gli ultimi versi: - Ma il mio nome ai fanciulli insegnate;/sappian essi che santa è la guerra,/ se lo strano minaccia la terra,/ che per patria l’Eterno ci diè – che su richiesta vennero ripetuti. Tale successo di pubblico costò l'espulsione da Venezia alla Ristori.
    Apertura: frontespizio con ritratto inciso dell'autore a fianco.

  • Pier Ambrogio Curti, Adelaide Ristori, Milano, Coi tipi Borroni e Scotti, per Pietro Manzoni libraio, 1855. Collocazione: Misc. C. 5698

    Adelaide Ristori (Cividale del Friuli, 30 gennaio 1822 – Roma, 9 ottobre 1906), fu una celebrata attrice italiana, apprezzata anche all'estero. Patriota, si servì del teatro per inscenare azioni di propaganda, causando sovente l'intervento della polizia, come successe a Venezia la sera del 4 settembre del 1858.
    Apertura: frontespizio con ritratto della Ristori.

  • Ippolito Nievo, La pace di Villafranca e le genti venete. Epistola, Torino, Stamperia dell'Unione tipografico-editrice, 1859. Collocazione: Misc. C. 4687

    Pubblicato in forma anonima, fu il primo scritto di natura politica del Nievo, arruolatosi in quell'anno nel corpo dei Cacciatori delle Alpi del Garibaldi. Suscitato dallo sdegno per la mancata annessione del Veneto, il testo voleva affermare l'italianità di Venezia, “in cui si trasfuse più puro il sangue dell'antica Roma patrizia e plebea … più veramente italiana di tutte le altre città consorelle, nelle quali all'elemento latino se n'erano mescolati altri disparatissimi dei popoli invasori”; ma italiana soprattutto perché aveva difeso la sua libertà: “Venezia sorse libera grande e sapiente, come sola e completa rappresentante dello spirito antico italiano nella storia moderna”. Nievo concludeva il testo con un appello affinché avesse fine la “divisione interna” degli italiani.
    Apertura: frontespizio.

  • Relazione data dalla Commissione incaricata del ristauro del Gran Teatro la Fenice alla societa proprietaria di cui fu deliberata per acclamazione la stampa nella Convocazione Sociale del giorno 17 decembre 1854, Venezia, ci' tipi di Teresa Gattei, 1854. Collocazione: Misc. B. 4104

    L'opuscolo, redatto da Ferdinando Ferracini rendiconta sui lavori di restauro del 1854. Come molte delle pubblicazioni della Fenice era stampato da Teresa Gattei, una figura di donna che merita un particolare ricordo: Teresa infatti era un'editrice-tipografa, dirigeva l'azienda familiare che aveva sede a Santo Stefano e che si era specializzata nella stampa di libretti teatrali; fu molto attiva negli anni della repubblica, e il suo coinvolgimento negli ideali democratici la legò a uno degli uomini dell'esperienza repubblicana, Francesco Degli Antoni, che venne esiliato nel '49 e seguì il Manin a Parigi, vivendo insieme al gruppo di profughi. Anni dopo le comunicò di aver scelto di non voler tornare a Venezia. Teresa Gattei si suicidò gettandosi nel pozzo di San Trovaso il 21 febbraio del 1857.
    Apertura: frontespizio.

  • Rodolfo di Gerolstein. Azione mimica in cinque atti di Pasquale Borri, musica espressamente scritta dal M. Paolo Giorza, da rappresentarsi al Gran Teatro La Fenice in Venezia nella stagione di Carnovale e Quaresima 1858-59, Venezia, Tipografia del Commercio, 1859. Collocazione: Dramm. 1404.64

    Libretto teatrale della coreografia che fu tra le ultime ad essere eseguita alla Fenice, chiusa dai proprietari, nonostante le pressioni del governo, per uniformarsi allo spirito di lutto cittadino. Gli altri teatri, Apollo, Malibran, Comploy continuarono a lavorare ma con un pubblico sempre più ridotto. 
    Apertura: frontespizio.

  • L'Austria nella Venezia dopo la pace di Villafranca. Relazione e documenti per cura del Comitato Politico Centrale Veneto residente in Torino, Torino, Stamperia dell'Unione Tipografica-Editrice, 1860. Collocazione: 35. A. 93

    Nel 1860 si formò un Comitato Politico Centrale Veneto che manteneva rapporti con i comitati segreti attivi nel Veneto. Dopo la cocente delusione della ratifica della sudditanza della Venezia all'Austria, il Comitato pubblicava una serie di documenti su fiscalità, regime di stato di assedio, disposizioni militari e cronache di resistenza: teatri chiusi perché “i divertimenti ed i sollazzi mal si confanno a chi manda grida di dolore e vive solo di una aspirazione nobile patriottica ...La Piazza di S. Marco, piena di gente, al comparire della musica militare resta in un momento affatto deserta”. Evidenziata l'azione delle donne: “Né si fece distinzione di condizione o di sesso. Già prima della pace la contessa Elena Bentivoglio Contarini di Venezia e la contessa Cecilia Porto Scroffa di Vicenza erano state sostenute per sospetto di corrispondenza all'estero”.
    Apertura: pp. 8-9 in cui si parla del clima all'inizio del 1859 con le manifestazione degli studenti padovani.

  • Memorandum della Venezia presentato dal Comitato Politico Centrale Veneto ai Membri del Corpo Diplomatico residenti in Torino, Torino, Stamperia dell'Unione Tipografica-Editrice, 1860. Collocazione: Misc. C. 5726

    Relazione storica sulla dominazione austriaca dal 1797 a l 1859 e le sue caratteristiche di negazione delle libertà, censura, uso della polizia e di amministrazione. Verso la fine: “Ed ora confermati ed esasperati nell'odio per quanto abbiamo sofferto dopo la pace di Villafranca, offesi dalle villanie con cui si disfogò sopra noi il risentimento della sconfitta di Solferino..., offesi dallo spettacolo de' smisurati ammassi di provvisioni già raccolte ad opera di minaccie, angherie... offesi da una giunta d'imposte, mentre abbiamo già curve le ginocchia e le reni sotto il peso dei tributi anteriori, offesi dalla violenta imposizione di giornali siffatti nei pubblici caffè ...innalziamo preghiera a Vittorio Emanuele II...affinchè s'interponga ad ottenere che l'Austria sia indotta a rilasciare per patti il possesso delle provincie venete onde siano ricongiunte alla Lombardia senza nuovo spargimento di sangue”.
    Apertura: frontespizio.

  • Un pensiero a Venezia. Strenna pel 1860 dedicata alle Donne Italiane. Edizione a beneficio dell'Emigrazione Veneta, Milano, Editori Giuseppe Canadelli e Compagno, 1959. Collocazione: Strenna 1053

    I lombardi dopo Villafranca davano addio agli austriaci ma non dimenticavano Venezia ancora in mani straniere. Il volume, opera del Comitato di sussidio per l'emigrazione, è dedicato alle donne italiane “Voi, donne gentili, che avete in seno le sublimi divinazioni dell'affetto, le sante ispirazioni dei volontarii sacrificii, la poesia della generosità, comandateci di essere virtuosi e forti, di fare l'Italia indipendente ed una, come la fece Iddio”. Si tratta di un'antologia di prose e rime, dedicati a Venezia e scritti da vari autori, tra essi Niccolò Tommaseo, Aleardo Aleardi, Ippolito Nievo, e curato da Pacifico Valussi, giornalista repubblicano.
    Apertura: frontespizio e antiporta inciso. Sullo sfondo di una veduta di Venezia desolata e offesa, uno stuolo di donne con corona e spada e vessillo d'Italia difende un gruppo di donne sottomesse da rozzi soldati, con il motto della difesa della repubblica veneziana “Ad ogni costo”.

  • Francesco Scipione Fapanni, I patrizi veneziani ed altre memorie patrie tratte dal diario mss.o di E. A. Cicogna, ms. [1889]. Collocazione: Cod. It. VII, 2291 (=9126)

    Letterato, epigrafista e interessato alla storia locale, Fapanni trascrisse copiosamente il diario dell'erudito, studioso di storia locale e impiegato della Corte d'Appello di Venezia, Emanuele Cicogna. Tra le molte notizie, l'arresto del pittore Ippolito Caffi nel Giardinetti Reali, che fece gran scalpore a Venezia. Caffi, bellunese, era un acceso patriota: nel '48 si arruolò contro l'Austria, poi raggiunse Venezia rimanendoci e documentando il clima della repubblica. Dopo la detenzione nelle carceri di San Severo, si aggregò all'esercito di Garibaldi. Morì a Lissa nel 1866 nell'affondamento della nave Re d'Italia.
    Apertura: p. 164: “7 luglio 1860. Ieri di giorno fu arrestato il pittore Caffi, non si sa perché, serbandosi sempre il solito silenzio nell'atto di tali arresti. È facile pel sospetto che passa (al caso di una sommossa) prestar mano a' sovvertitori della pubblica tranquillità”.

  • Aleardo Aleardi, I sette soldati. Canto, Venezia, Tip. Di Pietro Naratovich, 1861. Collocazione: Misc. B. 10135

    Il veronese Aleardi, collaboratore del Manin durante la Repubblica Veneta, fu più volte incarcerato; nel 1852 nella fortezza di Mantova e internato nel 1859 nel castello di Josephstadt, in Boemia. I sette soldati si apre con la dedica a Giuseppe Garibaldi ed è un inno alla fratellanza universale contro i tiranni: “Ormai si affretta al fine/ La maledetta secolar tragedia/ Fra le alemanne genti/ E le genti latine./ Da le molte favelle, a cui l'astuto/ Sire insegnò con diuturna insidia/ A ricambiarsi accenti/ D'odio e d'invidia; è per uscir alfine/ La parola d'amore.”
    La pubblicazione senza permesso costò l'arresto all'editore e tipografo Pietro Naratovich.
    Apertura: frontespizio.

  • Isacco Artom, Prefazione ai discorsi del conte di Cavour, Venezia, Prem. Tip. di Pietro Naratovich, 1862. Collocazione: Misc. C. 2327

    Naratovich dava alle stampe un'opera di ricordo e testimonianza dell'azione di Cavour, da parte di un suo stretto collaboratore, che certo doveva essere diffusa con una certa cautela. Artom, di famiglia ebraica, ebbe un'intensa attività giornalistica sino al 1859, poi venne inviato presso lo stato pontificio con incarichi diplomatici nel 1861 e nell'anno successivo a Parigi.
    Apertura: frontespizio

  • Carlo Bullo, La Nobil Donna Marianna Goretti, vedova Gargnani e Marini, [S.n.t. dopo il 1866]. Collocazione: Misc. D. 2345

    Lo storico clodiense (1834-1920) ricostruisce in questo breve testo la vita di Marianna Goretti e la sua attiva partecipazione agli ideali del Risorgimento e alla liberazione del Veneto: nata a Venezia, figlia di un impiegato dell'Arsenale e sorella della letterata Laura, sposata in Veruda, fu ardente patriota e subì una perquisizione già nel 1851. Si maritò con il medico Domenico Gargnani anch'esso patriota; rimasta vedova sposò in seconde nozze Giuseppe Marin. Fu una organizzatrice della messa di suffragio per Cavour il 13 giugno del 1861. Venne arrestata e condannata a 8 giorni di prigione a S. Severo, insieme con Laura Sardi Secondi, Teresa Labia e Maddalena Montalban Comello.
    Apertura: pp. 4-5.

  • Venezia dal 1850 al 1866. Cenno storico, Venezia, Stab. tipo. litografico M. Fontana, 1884. Collocazione: Misc. C. 6504

    Si tratta di un opuscolo pubblicato dall'editore Giulio Gattinoni della Libreria Aldo Manuzio che nell'occhietto riporta un altro titolo: Nel 36° anniversario de la sua rivoluzione alla Venezia Giulia e al Tirolo Venezia redenta. Vi si ricordano gli eventi di quegli anni, tra cui la dimostrazione in Piazza San Marco organizzata da Maddalena Montalban Comello e Teresa Danielato Labia il 22 marzo del 1859 in cui “signore sfarzosamente vestite” facevano sfoggio del tricolore mentre i colombi di piazza svolazzavano con la coccarda italiana appesa al collo. Al sopraggiungere dell'Arciduca e dell'Arciduchessa “s'udì un sonoro fuori di piazza! E la piazza in un battibaleno rimase deserta”. Segue un'antologia di poesie satiriche in dialetto veneziano di Giovanni Battista Olivo, detto il Canocia.
    Apertura: pp.22-3.

  • Andrea Querini Stampalia, Nuova guida di Venezia di utilità pratica pel forestiere, anno primo, Venezia, Tipografia Cecchini, 1856. Collocazione: 48. A. 366

    Luoghi cruciali della sociabilità veneziana, centri di informazione e di diffusione delle notizie, i caffé vennero sorvegliati con attenzione e furono oggetto di provvedimenti di polizia.
    Apertura: 46-7 con la descrizione dei caffé e della loro peculiare clientela. Nel luglio del 1860 vennero chiusi dalla polizia i caffé del Padiglione, degli Specchi e dell'Ancora d'oro, l'anno dopo il Florian ed altre botteghe per il rifiuto di abbonarsi all'austriacante Giornale di Verona, fondato da Pietro Perego, già redattore della Sferza di Venezia. Petardi di protesta scoppiarono invece al caffé de' Leoncini e a quello del Trovatore, l'antico caffè del Menegazzo, perché avevano ceduto e si erano abbonato. Il Caffé Quadri era invece il punto di ritrovo preferito dagli austriaci e dai militari.

  • Erminia Fuà Fusinato, Venezia a Maria Pia. Per l'Albo offerto all'augusta principessa nell'occasione delle sue nozze dalle donne venete trentine ed istriane (1862), in A Venezia. Versi, Venezia, Reale Premiata tipografia di Giovanni Cecchini, 1867. Collocazione: Misc. C. 3095

    L'opuscolo raccoglie, a cura del medico veneziano Antonio Berti, protagonista della stagione del '48-9, i versi che la poetessa ed educatrice aveva rivolto a Venezia negli anni precedenti all'annessione. Erminia Fuà Fusinato fece parte di una vasta rete di relazioni tra donne letterate di diversa provenienza che sostenne attivamente la causa italiana e la liberazione di Venezia. Ciò produsse alcune pubblicazioni offerte alla giovane Maria Pia di Savoia, come la Strenna femminile dell'Associazione filantropica delle donne italiane, stampata a Torino nel 1861 e organizzata da Felicita Bevilacqua la Masa. Per tale occasione la Fuà compose nel dicembre 1860 Il Fiore del Pianto.
    Apertura: p. 17, alla poesia con cui la Fuà Fusinato contribuì per l'Albo successivo, l'omaggio del 1862 delle donne venete trentine e istriane.

  • Strenna Veneziana 1866, Venezia, Tipografia del Commercio Edit.,1865. Collocazione: Strenna 1162

    La strenna alla cui realizzazione lavorò la poetessa Eugenia Pavia Gentilomo Fortis, coinvolgendo una numero elevatissimo di scrittrici, tanto da rappresentare, come si afferma nell'introduzione “una specie di palestra letteraria” di tutte le donne italiane, costituiva un omaggio all'Italia e a Dante, in occasione del sesto centenario della nascita. Si presentava come appendice della strenna dell'anno precedente, in cui si era offerto con grande successo una ricca galleria di veneziane famose nella storia, a titolo La letteratura veneziana e le sue donne passate e presenti.
    Da segnalare la presenza del saggio di Anna Maria Mozzoni, La donna nella repubblica di Venezia. Sue condizioni giuridiche e consuetudinarie.
    Apertura: p. XI.

  • Festa del sesto centenario dalle nascita di Dante Alighieri, celebrata il giorno 21 maggio 1865 nelle sale teatrali della Società Veneta Filodrammatica, residente in Venezia, con un discorso di Antonia S. Minotti, Venezia, Tip. di Gio. Cecchini Impr., 1865. Collocazione: Misc. B. 1552

    L'opuscolo è testimonianza di una delle celebrazioni della nascita del poeta avvenute a Venezia nel 1865, in questo caso nel corso di una festa che si svolse nelle sale “splendidamente arredate e illuminate” di Palazzo Jagher a SS. Apostoli, alla presenza del podestà Pier Luigi Bembo e di altre 300 persone. Oltre agli interventi canori e musicali di vari artisti, il discorso a ricordo del “poeta nazionale” era tenuto da Antonia Minotti.
    Apertura: frontespizio.