4. Gli stranieri e Venezia

Gli stranieri che giungevano a Venezia intorno alla metà del XIX secolo portavano con sé un'immagine assimilata attraverso letture storiche e letterarie che descrivevano sovente la grande potenza di secoli ormai decaduta, in via di disfacimento per consunzione temporale o per dannazione soprannaturale.

Le convinzioni culturali e l'alone romantico venivano quasi sempre confermate dal primo contatto con una città che dapprima sembrava intimorire, quasi a voler respingere il visitatore con i suoi canali scuri e misteriosi percorsi in gondola e i suoi muri cadenti, ma poi lo avvolgeva, lo affascinava, lo conquistava.
Non era possibile, per chi visitava la città e non di rado vi si tratteneva a lungo, non cedere alla suggestione, alla bellezza e all'unicità dell'ambiente, dei monumenti, dei palazzi, delle opere d'arte, e non osservare con meraviglia e trasporto l'assetto urbano e la vita e le abitudini degli abitanti, elogiati a volte per la gentilezza e la generosità.

Le condizioni di sussistenza di gran parte del popolo, la situazione edilizia di molte zone specie nei quartieri popolari, gli effetti ancora presenti dei bombardamenti subiti nel corso della rivoluzione da poco soffocata, colpivano in maniera evidente e traspaiono spesso dalle pagine scritte, insieme al ricordo dello splendore antico.

L'accento tuttavia si diversifica se lo sguardo mira al patrimonio di bellezza in pericolo, come per John Ruskin e la moglie Elfie, oppure alla osservazione dei ritmi della vita quotidiana della popolazione veneziana, come nel caso di Théophile Gautier sino alla palpitante partecipazione alla resistenza veneziana, che si legge in Anatole de La Forge, Charles de La Varenne, Pedro Antonio de Alarcon.
Una preziosa e puntuale testimonianza degli avvenimenti è offerta dalle memorie del console americano William Dean Howells della sua permanenza tra il 1861 e il 1865.

Ma se differente è lo sguardo, tutti segnalavano l'atmosfera che si respirava girando per le calli e i campi, o passeggiando in piazza San Marco: una città piena di sospetto, diffidenza, ostilità verso lo straniero occupante e chiunque avesse con lui un qualche tipo di rapporto; una città dove le occasioni di vita sociale, dai teatri ai caffè, dalle passeggiate al famoso carnevale, erano condizionate dalla situazione di tensione e odio; una città, però, viva e informata, attenta e partecipe nei propri atti anche poco plateali di disobbedienza e ribellione; una città, infine, che per molti dei visitatori non potrà ritrovare identità e pace se non al momento della propria liberazione.

 

Materiali

  • John Ruskin, The Stones of Venice, London, Smith, Elder, and Co., 1851-1853. Collocazione: 39 A 67-69.

    Secondo il più schietto spirito romantico, le cause della caduta della Repubblica e della decadenza della città secondo l'autore:
    “Ciarlatani e maschere risero incessantemente, e se ne andarono; e li seguì un silenzio profondo, che era stato predetto; in mezzo a loro per tutti, attraverso secoli dopo secoli di orge di vanità e colpe dolorose, la bianca cupola di San Marco aveva detto all'orecchio sordo di Venezia: Sappi, che per tutte queste cose Dio ti porterà in giudizio”.

  • Anatole de La Forge, Histoire de la République de Venise sous Manin, Paris, Amyot, [1852]. Collocazione: 41 A 115-116.

    Il de La Forge, giornalista e politico di ferventi idee repubblicane, racconta la rivoluzione del 1848-1849, dedicando il proprio lavoro “alla memoria dei Veneziani morti combattendo per l'indipendenza nazionale...” e per dimostrare “... che l'Italia del XIX secolo non è affatto priva, come è stato detto, né di virtù, né di grandezza né di gloria”.

  • Charles de La Varenne, Les autrichiens et l'Italie. Histoire anecdotique de l'Occupation autrichienne depuis 1815... Précédée d'une introduction par M. Anatole de La Forge, Paris, E. Dentu, 1858. Collocazione: TURSI VI.5 LAV 1

    L'autore analizza i vari aspetti politici, economici e sociali dell'occupazione austriaca in Italia e in particolare nella città lagunare, dall'amministrazione della giustizia alla stampa, dall'istruzione al commercio alla repressione delle libertà individuali, sviscerandone le pesanti conseguenze sulle istituzioni e sulla popolazione. Dopo il 1848-49 -scrive il La Varenne- stanno sempre più crescendo il sentimento patriottico degli italiani e l'isolamento degli Austriaci, e per i territori occupati e l'intera Europa la soluzione migliore non potrà essere che l'unificazione d'Italia sotto la dinastia dei Savoia.

  • Arsène Houssaye, Voyage à Venise, [Paris], Ferdinand Sartorius, 1850. Collocazione: 258 C 84

    Tutta la poesia di una città ricca di fascino, arte, vita popolare che conquistano il visitatore straniero e lo convincono spesso -specie se ricco- a fermarsi. Ma, insieme, la repentina malinconia provocata dal fatto che nella “città superba... il leone di San Marco è nella gabbia di ferro dei barbari del Nord” e il famoso carnevale non è più che una processione di spettri che cantano il De profundis a quella che era la regina del mondo; il capitolo centrale, intitolato significativamente “Venise il y a cent ans” (Venezia cento anni fa), esalta la ricchezza, l'arte, la cultura, la giustizia che erano proprie della Repubblica e di tutti i suoi cittadini.

  • Paul de Musset, Voyage en Italie et en Sicile en 1843, Paris, Charpentier, 1851. Collocazione: Fondo Tursi II . MUS1.2

    Id., Voyage pittoresque en Italie. Partie septentrionale, Paris, Belin-Leprieur et Morizot, 1855. Collocazione: Rari Tursi 33

    Fratello maggiore e biografo di Alfred de Musset, Paul pubblica le due opere alcuni anni dopo aver visitato l'Italia e in particolare Venezia. Nel corso del suo soggiorno trova una città per rianimare e abbellire la quale il governo austriaco sta compiendo notevoli sforzi: i palazzi, pur in rovina, sono illuminati a gas, sta progredendo il progetto del ponte ferroviario sulla laguna, fervono i lavori per l'ampliamento del porto e sono state sistemate e adeguate le “immense” dighe di Malamocco; inoltre si hanno con grande frequenza musiche d'orchestra a San Marco e per le calli fino a Rialto, freschi e regate. Considerazioni che forse, negli anni in cui furono pubblicate, non dovettero incontrare grande apprezzamento, almeno in Italia.

  • Théophile Gautier, Voyage en Italie. Nouvelle édition considérablement augmentée, Paris, Charpentier et Cie, 1876. Collocazione: 29 A 225

    Venuto in Italia nel 1850 in compagnia dell'amico Louis de Cormenin, Gautier pubblica in feuilletons sulla rivista “La Presse”, nel 1852, il resoconto delle diverse tappe; esso verrà raccolto in volume, postumo, solo nel 1875, e riproposto l'anno seguente. Davanti ai suoi occhi la vita e le attività quotidiane degli abitanti, in una città che rimane muta mentre gli occupanti celebrano la festa dell'imperatore d'Austria: “questo popolo che faceva il morto mentre i suoi oppressori esultavano di gioia”, è il ricordo che rimane in un Gautier profondamente impressionato. Una città in molte parti desolata e fatiscente, che “non assomiglia affatto alla Venezia civettuola degli acquerelli”; una città che Gautier imparerà ad amare profondamente e canterà ancora con sincera partecipazione.

  • Pedro Antonio de Alarcon, De Madrid a Napoles, in Obras completas, Madrid, Ediciones Fax, 1943. Collocazione: 273 C 264

    Lo scrittore e poeta spagnolo giunge nella seconda metà del 1860 in Italia e a Venezia, gli appare come “la ciudad más interesante del universo” purtroppo “en su época de tribulación”. La bellaezza della città si accompagna all'atmosfera tesa dell'occupazione. La situazione è talmente pesante che Alarcon non può che concludere immaginandosi libero nella città, divenuta provincia del Regno d'Italia: oggi, osserva, “a Venecia le sientan muy bien las cadenas”.

  • William Dean Howells, Venetian Life, London, Trübner & Co., 1866. Collocazione: 35 A 198
    Id., Venetian Life, London, Longmans, Green and Co., 1891. Collocazione: Rari Tursi 140-141

    Il famoso giornalista e scrittore, caposcuola della letteratura realistica americana, è console degli Stati Uniti a Venezia tra il 1861 e il 1865. Conquistato dalla città, è testimone della vita e dell'ambiente di essa: un passato di gloria e un presente di umiliazioni, un'orgogliosa ma sterile opposizione sconfinante in odio, spesso secondo lui senza motivo, nei confronti degli Austriaci. Rimane soltanto l'aspirazione, che l'autore spera non abbia a tradursi in delusione, di una futura libertà nel Regno d'Italia, “perché gli uomini non sono mai adatti a essere schiavi”.

  • - Ruskin's Letters from Venice 1851-1852 , a cura di John Lewis Bradley, New Haven, Yale Universty Press, 1955. Collocazione: 300 C 160
    - Effie in Venice. Unpublished Letters of Mrs John Ruskin written from Venice between 1848-1852, a cura di Mary Lutyens, London, John Murray, 1965. Collocazione: 315 C 185

    Vengono qui pubblicate le lettere inviate con cadenza praticamente quotidiana, soprattutto ai rispettivi genitori, da John Ruskin e dalla moglie Effie Gray nel corso degli anni trascorsi a Venezia. In esse si possono cogliere numerose immagini di scorci della città e della sua vita, e insieme i convincimenti e lo stile di vita dei due coniugi. Da una parte i segni della recente guerra, la presenza dei militari, i problemi dei molti poveri; dall'altra l'amore per il bel mondo e i ricevimenti, unito a manifesta simpatia per l'occupante austriaco.