L'amuleto arabo-islamico e la scrittura magica di Ida Zilio-Grandi

L'amuleto o talismano in questione, che porta una scrittura araba e ha provenienza islamica, è un oggetto impiegato in generale per propiziare la fortuna e in particolare, in un contesto monoteista come quello in islamico, per ottenere l'aiuto dell'unica divinità.
Il Libro santo dell'Islam attesta sia l'esistenza della magia, sia la sua possibile efficacia, sia, sotto certe condizioni, la sua liceità. Il Corano chiama la magia sihr, un termine la cui radice rimanda ai verbi “incantare”, “ammaliare”, “stregare”, e sulla sua esistenza offre molti esempi.
Un passo coranico, la sura detta “dell'Alba”, recita così:

Nel nome di Dio, il Clemente, il Compassionevole . Dì: “Mi rifugio nel Signore dell’alba, dal male di quel che Egli ha creato, dal male del buio quando si addensa, dal male delle donne che soffiano sui nodi, dal male dell’invidioso che invidia” (Corano 113).

Si tratta in questo caso del malocchio prodotto dall'invidia altrui, de maleficio procurato dalle “donne che soffiano sui nodi”: la storia sacra afferma che lo stesso Muhammad il profeta dell'Islam rimase vittima di un sortilegio e per questo cadde malato. Gli angeli sarebbero venuti ad avvertirlo ed egli avrebbe scoperto e distrutto l’oggetto stregato, fabbricato a partire da una ciocca dei suoi stessi capelli. È questa una pratica magica che il Corano dà come illecita, poiché frutto di sapienza pagana, miscredente, non illuminata dall'Islam.  

Un altro passo notevole è la sura dal titolo “Gli uomini”:

Nel nome di Dio, il Clemente, il Compassionevole. Dì: “Mi rifugio nel Signore degli uomini, il re degli uomini, il Dio degli uomini, dal male del sussurratore, del furtivo che sussurra in petto agli uomini, e dai jinn, e dagli uomini” (Corano 114).

Qui, oltre all'effetto malefico e satanico del sussurro, a suo modo una forma di magia, compare l'opera dei jinn, esseri capaci di compiere azioni prodigiose, possibilmente invisibili agli uomini. Tra i jinn, sempre secondo il Corano, alcuni sono malvagi e malefici per l'uomo, mentre altri sono sottomessi a Dio e procurano prosperità a chi si giova di loro per compiere azioni magiche.

Le due sure appena ricordate, le ultime nella redazione del Corano, sono note alla tradizione come “le due preservatrici”, appellativo giustificato dalla formula iniziale di entrambe: «mi rifugio presso il Signore …». Rivelate alla Mecca e appartenenti al periodo più antico della rivelazione, rappresentano formule di scongiuro contro i mali che affliggono lo spirito; e tali formule figurano frequentemente negli amuleti. Altri elementi che accomunano “le due preservatrici” sono la struttura sintattica assai simile e l’intensa sonorità, data nella prima dalle consonanti gutturali, e nella seconda dalle sibilanti, sonorità che possiamo cogliere nella recitazione dei due testi in arabo e che ci fa comprendere come i musulmani attribuiscano un potere incantatorio alla lettura del Corano.
Ma l'esempio coranico più eloquente sull'efficacia e anche sulla liceità della magia, che prevedibilmente chiama in causa i jinn, è la storia di Salomone, considerato dal Corano tra i profeti maggiori. Salomone impiegò la magia, lo fece da credente, lo fece – come il Libro santo afferma - con il permesso di Dio, mettendo i jinn al proprio servizio. Il profeta Salomone è appunto l'esempio del credente che impiega la magia - e i jinn - con il permesso di Dio, per conquistare, per convertire e soprattutto per costruire, per produrre beni di consumo e di valore.

Un noto passo coranico recita:

A Salomone abbiamo asservito il vento, il vento che percorreva il cammino di un mese il mattino e di un mese la sera, abbiamo fatto colare per lui la Sorgente di Rame. Tra i jinn c’era chi lavorava per lui con il permesso del Signore, mentre quelli che avevano deviato dal Nostro comando, per quelli c’è il tormento del Fuoco ardente. Costruivano per lui quel che voleva, templi, statue, piatti ampi come abbeveratoi, e caldaie solide (Corano 34,12-13).

Un altro passo importante allo stesso proposito è il seguente:

[…] hanno seguito il dettato dei demoni contro il regno di Salomone. Salomone non fu un miscredente e invece lo furono i demoni, che insegnavano agli uomini la magia e le rivelazioni dei due angeli […] a Babilonia, ma non insegnavano nulla ad alcuno senza dire: “Noi siamo una tentazione, non cadere nell’empietà”. La gente ha appreso da loro come dividere l’uomo dalla sua compagna, ma non nuocevano ad alcuno senza il permesso di Dio (Corano 2,2).

Grazie alla lettura di questi passi, apprendiamo come la magia sia ritenuta  nell'Islam un sapere reale, e perfino una scienza di origine celeste, trasmessa all'umanità con l’intermediazione degli angeli; una scienza che prevede un uso lecito visto che lo stesso profeta Salomone vi fece ricorso. Possiamo concludere che le pratiche magiche non sono condannate in quanto tali; però, senza il sostegno dell’onnipotenza di Dio nessun potere magico, né volto al bene né volto al male, ha luogo, semplicemente perché nessuna volontà e azione di esseri creati – uomini o jinn - può competere o sostituirsi alla volontà e all'azione di Dio, in qualsivoglia circostanza. Inoltre, il mago che opera sortilegi - sia pure con il permesso di Dio, come nel caso di Salomone - può essere comunque pericoloso per la religione perché fonte di tentazione: il suo pubblico gli potrebbe attribuire un potere soprannaturale, a lui oppure al jinn cui fa ricorso, e così cadere nell'idolatria, associando altri all'unico Dio. Per questo il mago resta una figura ambigua, passibile eventualmente di pena capitale.
Per riassumere, secondo la tradizione islamica, l'efficacia della magia – così come il potere dei jinn – è sempre e comunque subordinata alla divina volontà, sottoposta a Dio che “crea quel che vuole” – il mondo, l'umanità, la buona sorte e la cattiva sorte delle creature - servendosi dei mezzi che vuole – ivi compresi la magia e l'attività dei jinn.  Di conseguenza, solo a Dio devono rivolgersi le richieste e le preghiere affinché Egli crei quel che l'uomo desidera: se la magia prescinde dal permesso di Dio è non solo illecita ma anche votata all'inutilità.
Questo è il motivo per cui l'amuleto conservato nella Biblioteca Marciana, come altri simili, è aperto da una lode alla potenza creatrice di Dio e dall'esortazione a invocare il Signore:

Il vostro Signore è Dio, il quale ha creato i cieli e la terra in sei giorni e poi Si è assiso sul Trono, Egli copre il giorno con il velo della notte che lo insegue senza sosta, e ha creato il sole e la luna, e ha soggiogato le stelle al Proprio ordine, non appartengono a Lui la creazione e l’ordine? Sia benedetto Dio, il Signore dei mondi. Invocate il vostro Signore umilmente, in segreto, Egli non ama i trasgressori. E non portate la corruzione sulla terra dopo che Dio l’ha creata giusta, e invocatelo pieni di timore e desiderio, per chi fa il bene la misericordia di Dio è prossima (7:54-56).

L'amuleto procede con un altri passi coranici; tra i primi citati:

Per le creature disposte a schiere. Per quelle che respingono. Per quelle che recitano un Avvertimento. Il vostro Dio è unico, è il Signore dei cieli e della terra e di quel che è in mezzo, è il Signore degli orienti (Corano 37,1-5).

Popolo degli uomini e popolo dei jinn, se potete insinuarvi negli spazi dei cieli e della terra, fatelo, ma lo potreste fare solo grazie a un’autorità che non avete. [...]
Una fiamma senza fumo e un fumo senza fiamma saranno mandati contro di voi e nessuno vi soccorrerà (Corano 55,33 e 35).
Il cielo verrà aperto, sarà tutto una porta, 20. e i monti cammineranno come fossero un miraggio (Corano 78,19-20).

Abbiamo aperto le porte del cielo ad acqua dirompente (Corano 54,11),

Si diceva che tutte le invocazioni debbono rivolgersi a Dio. E il modo migliore per sollecitare il suo intervento non può che essere, appunto, l'impiego della parola più alta, vera e bella, la stessa Parola di Dio, il Corano, nella medesima lingua in cui è stata rivelata, l'arabo. E' un uso para-liturgico del Libro sacro, che si distingue dall'uso liturgico vero e proprio solo perché avviene al di fuori del contesto dei riti islamici codificati. La magia, giacché prevede l'impiego del Corano per la propria ritualità, è resa lecita in tanto in quanto è “islamizzata”: adempiere a riti magici altro non è che attualizzare e materializzare il Corano stesso. Nel contempo, grazie ai riti magici, il Corano ritrova la propria fondamentale natura di elemento mediano tra l'uomo e Dio, e adempie al proprio ruolo primario che è quello dell'intercessione. Recitare, trascrivere o – come nel caso di un amuleto - portare con sé testi coranici è “rendere presente” la potenza divina, che crea e trasforma: assicura protezione dalle malattie, dagli incidenti, dal malocchio, dalle disgrazie, garantisce successo nei litigi e in battaglia, porta ricchezza, fecondità delle donne, fertilità dei campi, e in generale benessere fisico e psichico per sé e per i propri cari.
Esistono grandi opere dedicate alla magia “coranica”, prima tra tutte Il sole delle conoscenze dell'algerino al-Bûnî (sec. XIII d.C.), che continuano ad essere lette e utilizzate fino ai nostri giorni.
L'amuleto riporta in fine, vari “quadrati magici”, un esempio di letteratura talismanica straordinariamente popolare, fondato a sua volta sull'idea che la Parola di Dio, il Corano, e la sua lingua, l'arabo, possiedano proprietà straordinarie: le lettere della lingua araba oppure il loro equivalente valore numerico vengono annotati all'interno di un quadrato suddiviso a scacchiera o all'interno di altre forme  geometriche. Nell'amuleto marciano, è notevole il penultimo quadrato, che alterna la formula nota come basmala ai nomi degli angeli maggiori: Gabriele, Michele, Israfiele e Azraele, “l'angelo della morte”. L'amuleto si chiude con il ricordo di Salomone.

Ida Zilio-Grandi (Università di Venezia, Ca' Foscari)

Bibliografia di riferimento:

Il Corano, a cura di Alberto Ventura; traduzione di Ida Zilio-Grandi, Milano, Mondadori, 2010.
Dizionario del Corano, a cura di Mohammad Ali Amir-Moezzi; edizione italiana a cura di Ida Zilio-Grandi, Milano, Mondadori, 2007.