Alessandro Benedetti, autore del De bello Carolino, nato a Legnago nel 1450 circa, e morto a Venezia nel 1512, studia presso lo Studio di Padova e, dal 1490, regge la cattedra di medicina pratica e di anatomia nella stessa città. Autore di opere mediche di notevole interesse, pubblicate e studiate in Italia ed oltralpe, è considerato il fondatore della Scuola anatomica di Padova: a lui si devono la realizzazione del primo teatro anatomico smontabile e l'estensione delle autopsie, prima riservate ai cadaveri dei giustiziati, a quelli degli ammalati. Nel 1495 gli viene affidato l'incarico di medico capo dell'esercito della lega conclusa tra Venezia, Lodovico il Moro, il Papa, la Spagna per contrastare la spedizione di Carlo VIII in Italia. Egli assiste in prima persona agli avvenimenti della Battaglia di Fornovo e del successivo assedio di Novara. Durante il corso di questa campagna egli redige questa rapida relazione, quasi certamente su commissione delle autorità veneziane, come si evince dall'epistola a Sebastiano Badoer e a Girolamo Bernardo stampata alla fine dell'opuscolo.
Utilizzando un'oratoria elegante di stampo umanistico, Benedetti fa parlare direttamente i protagonisti della vicenda, tra cui Ludovico Sforza e Carlo VIII, fino a dare alla figura di quest'ultimo una sostanziale dignità, nonostante la sconfitta.
Il tono dell'operetta è propagandistico: l'autore si impegna nell'esaltazione del contributo militare veneziano, trasformando l'incerto risultato della battaglia in una vittoria netta della Lega.
Tuttavia essa si annovera tra le fonti principali su questo importante avvenimento, di cui descrive con molti particolari il saccheggio dei bagagli francesi, gli orrori del campo disseminato di morti, la ritirata dei Francesi ad Asti. Si rivela fonte insostituibile per la parte riguardante l'assedio di Novara.
L'opera venne tradotta per la prima volta in italiano da Ludovico Domenichi e pubblicata a Venezia da Gabriel Giolito de Ferrari nel 1549.
In Renouard l'edizione è elencata tra quelle non datate, ma la dedica presente in fine termina: Venetiis M.IIIID. Sexto Cal. Septembres. L'attribuzione alla tipografia di Aldo è fatta sulla scorta delle caratteristiche tipografiche che l'accomunano all'edizione contemporanea del De Aetnadi Pietro Bembo. Fino al 1496 Aldo aveva pubblicato soltanto classici greci, fatta eccezione per l'operetta del Bembo, in latino, già menzionata. Si tratta quindi di un fatto nuovo nella sua politica editoriale, segno dell'interesse per la storia contemporanea nutrito da Aldo stesso e dai suoi potenziali lettori.
Il testo subì molti interventi di correzione in corso di stampa. Nell'esemplare marciano oltre a correzioni a stampa di errori grossolani, si rinvengono numerose rettifiche manoscritte, in comune con molte altre copie, redatte dalla stessa mano, apportate nell'officina tipografica prima della commercializzazione.
L'esemplare marciano, proveniente dal legato di Girolamo Ascanio Molin, segnato volume n. 212, è conservato in una legatura settecentesca in pelle su assi in cartone. I piatti presentano ai bordi un doppio filetto ornamentale impresso a secco. Il dorso, a cinque comparti, è arricchito da un tassello in pelle verde con autore, titolo e dati di stampa impressi in oro. Guardie e controguardie sono in carta marmorizzata.
Bibliografia di riferimento:
Maria Grazia Negri